Mi è venuta voglia di scrivere quest’articolo dopo aver letto qualche
giorno fa le 11 leggende metropolitane più diffuse sulla fotografia sul
noto clickblog.it
Ebbene secondo me alcune argomentazioni a supporto o a sfavore delle
leggende metropolitana sono molto deboli e facilmente attaccabili.
Quella che più mi è sembrata assurda è quella relativa all’algoritmo
di compressione Jpg o Jpeg che dir si voglia. Dove viene riportato che
salvare ripetutamente un’immagine in formato JPG non sia così dannoso.
Come tutti sicuramente sapete l’acronimo JPG o JPEG sta per Joint
Photographic Expert Group dal nome del team da cui venne inventato e poi
migliorato, conoscerete anche che è un formato con perdita e quindi già
questo da ragione alla leggenda metropolitana e non all’autore
dell’articolo su clickblog.
Mi piacerebbe approfondire un po’ l’argomento analizzando quali
passaggi vengono eseguiti durante il salvataggio in JPG o JPEG e in
seguito vedere dove è indicato e dove no questo tipo di file.
Quando voi scegliete di salvare per prima cosa viene campionata
l’immagine con quadrati da 8 px di lato, a questo punto viene applicata
la funzione DCT, trasformazione discreta in coseno. Non impegniamoci in
discorsi troppo complicati ma la funzione in questione assomiglia alla
trasformata di Fourier per chi ne avesse mai sentito parlare. Tutte e
due estraggono da un segnale un altro segnale che ne rappresenta lo
spettro delle frequenze. Detto in parole semplici la funzione risultante
non indica più quali colori sono presenti nel quadrato ma ci descrive
come cambiano e con quale frequenza.
Ebbene qui entra in gioco la medicina che ci dice come l’occhio umano
sia insensibile a variazioni di colore tra due punti se queste sono
minori di una certa soglia. Questo ci permette di tagliare tutte le
variazioni minori di una certa quantità (ciò corrisponde ad un
appiattimento di colore che si suppone l’occhio non noti ed è a questo
punto che si ha la perdita di qualità), infine utilizzando la codifica
di Huffman viene memorizzato il colore di ogni singolo pixel utilizzando
la minor quantità di memoria possibile. Se volessimo fare un esempio
l’algoritmo JPG fa un po’ quello che fa un filtro audio con la musica
che lascia passare oppure no determinate frequenze sonore.
Quando noi salviamo un’immagine in JPG ci viene infatti chiesto di
quanto comprimere l’immagine su una scala che va da 0 a 100. Più
impostiamo un valore grande meno verranno troncate le basse variazioni
di colore.
Teniamo conto che l’algoritmo di salvataggio in JPG è studiato per
dare i risultati migliori intorno al 80-90%. Usare valori superiori non
ha senso in quanto si ha una bassa riduzione delle dimensioni del file e
quindi i danni apportati dal JPG, che comunque viene eseguito, sono
maggiori dei vantaggi, viceversa scendere sotto l’80% riduce di molto la
dimensione del file ma cominciano a vedersi le quadrettature dovute
all’algoritmo.
Dopo tutte queste parole avrete sicuramente capito che salvare
ripetutamente un’immagine utilizzando questo metodo peggiora ad ogni
salvataggio la qualità dell’immagine.
Il JPG è stato studiato per essere usato in immagini di tipo
fotografico, utilizzarlo su immagini contenenti forme geometriche con
contorni netti o testi non è la cosa migliore che possiamo fare proprio
perchè ci sono cambi di colore troppo netti che venendo tagliati non
risultano più precisi come in origine.
Ecco un esempio
Immagine originale
Immagine salvata in JPG compressione 40, a prima vista fa un buon lavoro.
Ma ingrandendo ecco che compaiono degli artefatti che peggiorano la qualità dell’immagine nei cambi di colore.
Questa invece è un’immagine mista bianco e nero colori salvata in JPG al 90 %
Questa la stessa dopo 20 salvataggi al 60%
A prima vista non si notano quasi differenze ma andando a ingrandire
al 300% si notano artefatti nel cielo e perdita di colore dove il questo
è uniforme (cerchio in alto). Inoltre si nota una riduzione di
particolari dove si hanno cambiamenti di colori (cerchio in basso).
Originale
Dopo 20 salvataggi
Se non notate differenze provate a inclinare leggermente il monitor e guardarlo un po’ dal basso verso l’alto.
Per chi volesse approfondire l’argomento vi rimando a questi due link:
http://www.echoestech.net/wp/wp-content/uploads/2010/02/Tesina_JPEG.pdf
http://www.di.uniba.it/~laura/corsini/MAIN_JPG.HTML
Spero di esservi stato utile.
Claudio G.
I
feel like I wrote this after reading a few days ago the 11 most popular
urban legends about photography on the popular clickblog.itWell I think some of the arguments in support of or against the legends underground are very weak and easily attacked.What most struck me as absurd is that of compression algorithm Jpg Jpeg or, if you prefer. Where it is reported that repeatedly save an image as a JPG is not so harmful. As
we all surely know the acronym JPG or JPEG stands for Joint
Photographic Expert Group by the name of the team which was invented and
then improved, you will also know that it is a lossy format and then
from right to have this urban legend and not the author Article on clickblog.I'd
like to delve a little 'argument analyzing what steps are performed
when saving to JPG or JPEG and then see where indicated and where no
such file.When
you choose to save is first sampled the image with square from 8 px
from the side, at this point the function is applied DCT discrete cosine
transformation. Do
not commit in speeches too complicated, but the function in question is
similar to the Fourier transform for those who had never heard of. Both extract a signal from another signal which represents the frequency spectrum. Simply
put the resulting function does not point out which colors are present
in the square but it describes how they change and how often.Well
here comes the medicine that tells us how the human eye is insensitive
to variations in color between two points if they are less than a
certain threshold. This
allows us to cut all minor variations of a certain amount (this
corresponds to a flattening of color that is supposed to the eye and is
not known at this point that there is loss of quality), then using the
Huffman coding is storing the color of each pixel using the least amount of memory as possible. If
we wanted to make an example algorithm JPG is a little 'what makes an
audio filter with the music that passes or not certain sound
frequencies.When we save an image in JPG there is in fact required to compress the image on a scale from 0 to 100. More we set a large value will be truncated less the low color variations.We take into account that the algorithm Rescue JPG is designed to give the best results around 80-90%. Use
higher values does not make sense because you have a low reduction in
the size of the file, and then the damage caused by the JPG, which
still runs, are greater than the benefits, otherwise fall below 80%
greatly reduces the file size but begin to see the blockiness due to the algorithm.After
all these words you've probably realized that save an image repeatedly
using this method gets worse every time you save the image quality.The
JPG has been designed to be used in images such as photos, use of
images containing geometric shapes with sharp edges or texts is not the
best thing we can do just because there are color changes too the net
being cut are no longer accurate as in origin.
Storie e Foto blog personale di Claudio Galli. In questo blog si parlerà principalmente di storia locale del cuneese dal racconto di semplici storie al restauro di piccoli oggetti e collezionismo, passando per la fotografia. Spero di fare cosa gradita condividendo quel poco che so o che ogni tanto cerco di inventarmi. PS: se poi farete anche un click su una delle pubblicità a fianco per voi sarà un secondo e per me un piccolo aiuto.
mercoledì 23 gennaio 2013
domenica 20 gennaio 2013
Mostra 70° anniversario battaglia di Nowo-Postojalowka Nikolajewka
Oggi, 20 Gennaio, ricorre il settantesimo anniversario della battaglia di Nowo-Postojalowka Nikolajewka, ultima battaglia combattuta dai nostri militari dell'ARMIR durante la ritirata di Russia. Durò sette giorni, durante i quali i nostri Alpini cercarno di uscire dalla sacca creata dai Russi che avevano sfondato le linee sul Don a Nord e a Sud. Non voglio dilungarmi in questo perchè ci sono centinaia di libri che trattano questi fatti, quello che si può sicuramente affermare è che il confronto fu sicuramente impari, per mezzi e numero di uomini. Nonostante ciò gli Alpini riuscirono, con incredibili perdite, ad avviarsi verso la via di casa. Purtroppo per loro, questa marcia creò, forse, più vittime della battaglia stessa a causa della scarsità di viveri ed equipaggiamenti non adatti a climi così rigidi.
Inoltre beffa della vita, molti arrivati in prossimità dei confini Italiani vennero catturati dai Tedeschi, che ne frattempo erano diventati nemici, e internati in qualche campo di prigionia.
A Mondovì in questi giorni, nonostante la neve, si commemora l'anniversario con un raduno di Alpini provenienti da tutt'Italia e un'interessante mostra nella cappella di Santo Stefano.
Oggi ci ho fatto un giro armato della mia cara Canon 40d e Tamron 17-50 f 2.8.
Vi posto su storie e foto alcuni scatti dell'evento.
Una riproduzione di un mulo con la slitta.
A proposito di muli vi trascrivo queste righe che forse rendono più di altro l'idea delle situazioni in cui vivessero i nostri nonni.
Lettera alla cara Urbisaglia dell'alpino conducente Pietro Bongiovanni da "In Russia con Urbi" - Da Peveragno al Don e ritorno"
Cara mula,
se oggi posso scrivere queste poche righe lo devo a te perchè grazie al tuo aiuto sono uno dei pochi che sono tornati dal fronte russo.
Urbisaglia era il tuo nome, ma io l'avevo abbreviato "Urbi", eri sempre pronta al mio invito, dicevo "anduma urbi" e tu partivi, non te lo sei mai fatta ripetere. Hai sempre fatto più del tuo dovere, fino all'impossibile. Prima con la carretta durante le marce di avvicinamento, poi in servizio fino al 17 Gennaio con la slitta, in questa data iniziò il nostro calvario. Quanta fame hai dovuto patire mangiano solo un po' di paglia e con quanta neve hai dovuto dissetarti, ma nonostante tutto sei sempre andata avanti con la slitta carica, a volte di congelati, a volte di feriti. Avevi addirittura imparato a smuovere la slitta quando i pattini gelati rimanevano incastrati nella neve. Chissà quanti si ricorderanno e ancora oggi possono dire grazie di essere tornati grazie a te.
Dopo tanti disagi tu sei ancora tornata in Italia, il tuo compagno no, "Bimbo" è morto sfinito durante la marcia compiendo al massimo il suo dovere proprio quando si cominciava a sentire il profumo dell'Italia.
Forse qualcuno potrà ridere, ma la verità è che prima di lasciarla, l'ho salutata abbracciandola e baciandola con le lacrime.
Grazie cari Muli.
Qui la vedete ritratta in una foto gentilmente concessa da Luciano Amaranto.
1° Rgt Alpini, Btg Mondovì, 9° Compagnia, Plotone Conducenti con la Mula Urbisaglia Uscita dalla Ritirata di Russia trainando una slitta di Feriti e Congelati (nel caos della Ritirata, aggregata al Btg. Tirano)
Cassa in dotazione agli ufficiali veterinari per la cura dei muli
Divise d'epoca
Alcune dotazioni personali
La radio in dotazione ai nostri reparti
Fucile mitragliatore Breda mod. 30
Fucile mitragliatore Breda mod. 37
Una bottiglia messa in cantina alla partenza per la Russia dello zio e purtroppo mai più riaperta.
Un cappello alpino con la classica medaglia con le spade incrociate data a tutti i partecipanti alla campagna di Russia e la relativa Croce di ghiaccio.
E veniamo finalmente al punto dolente, gli scarponcini. Come potete vedere i Tedeschi erano i più avanti tecnicamente parlando, gli scarponi italiani non erano male per i nostri climi, ma i chiodi facevano da ponte termico e col freddo dell'inverno russo bastava poco tempo per avere i piedi congelati. I russi invece indossavano dei semplici calzati in feltro, infatti a quelle temperature la neve non bagna e si cammina su un soffice strato.
Tedeschi
Russi
Italiani
E per finire un cartello molto eloquente che forse aspetta ancora la risposta.
Today, January 20, marks the seventieth anniversary of the Battle of Nowo-Postojalowka Nikolajewka, the last battle fought by our military dell'ARMIR during the retreat from Russia. It lasted seven days, during which our Alpine cercarno out of the bag created by the Russians who had broken through the lines on Don North and South do not want to dwell on this because there are hundreds of books available on these facts, what can be definitely say is that the comparison was certainly learn, and means for number of men. Nevertheless the Alpine succeeded with incredible losses, to move towards the way home. Unfortunately for them, this march created, perhaps, more victims of the battle itself because of the shortage of supplies and equipment that are not suitable for climates so rigid.
In addition mockery of life, many arrived near the Italian border were captured by the Germans, who meanwhile had become enemies, and interned in some prison camp.
A Mondovì these days, despite the snow, we commemorate the anniversary with a gathering of Alpini from all over Italy and an interesting exhibition in the chapel of St. Stephen.
Today I've toured armed with my beloved Canon 40D and Tamron 17-50 f 2.8.
About mules will transcribe these lines that might make it more like the idea of the situations where our grandparents lived.
Letter to my dear Urbisaglia of the Alpine driver Peter Bongiovanni from "In Russia with Urbi" - From Peveragno to Don and back "
Dear mule,
if today I write these few lines I owe it to you because with your help are one of the few who have returned from the Russian front.
Urbisaglia was your name, but I had abbreviated "Urbi" were always ready to my call, I said "anduma urbi" and you were leaving, I will not say you've never done. You have always done more than your duty, to the impossible. First with the cart during marches closer, then in service until January 17 with the slide, on this date began our ordeal. How hungry you eat only to suffer a bit 'of straw and with how much snow you have to quench your thirst, but in spite of everything you've always gone ahead with the slide loads, sometimes frozen, sometimes injured. Had even learned to move the slide when the pads ice remained stuck in the snow. Who knows how many will remember and still can say thank you to be back with you.
After many hardships you're still back in Italy, your partner no, "Bimbo" died exhausted while driving making the most of his duty just when he was beginning to feel the scent of Italy.
Maybe someone will laugh, but the truth is that before leaving, I said hello embraced and kissed her with tears.
Thanks dear Muli.
And finally we come to the sore spot, boots. As you can see, the Germans were the most forward technically speaking, Italian boots were not bad for our climate, but the nails were as a thermal bridge and the cold of the Russian winter did not take much time to get your feet frozen. The Russians instead wore simple shod in felt, in fact, at those temperatures the snow does not get wet and you are walking on a soft layer.
Inoltre beffa della vita, molti arrivati in prossimità dei confini Italiani vennero catturati dai Tedeschi, che ne frattempo erano diventati nemici, e internati in qualche campo di prigionia.
A Mondovì in questi giorni, nonostante la neve, si commemora l'anniversario con un raduno di Alpini provenienti da tutt'Italia e un'interessante mostra nella cappella di Santo Stefano.
Oggi ci ho fatto un giro armato della mia cara Canon 40d e Tamron 17-50 f 2.8.
Vi posto su storie e foto alcuni scatti dell'evento.
Una riproduzione di un mulo con la slitta.
(click sulle foto per ingrandirle)
A proposito di muli vi trascrivo queste righe che forse rendono più di altro l'idea delle situazioni in cui vivessero i nostri nonni.
Lettera alla cara Urbisaglia dell'alpino conducente Pietro Bongiovanni da "In Russia con Urbi" - Da Peveragno al Don e ritorno"
Cara mula,
se oggi posso scrivere queste poche righe lo devo a te perchè grazie al tuo aiuto sono uno dei pochi che sono tornati dal fronte russo.
Urbisaglia era il tuo nome, ma io l'avevo abbreviato "Urbi", eri sempre pronta al mio invito, dicevo "anduma urbi" e tu partivi, non te lo sei mai fatta ripetere. Hai sempre fatto più del tuo dovere, fino all'impossibile. Prima con la carretta durante le marce di avvicinamento, poi in servizio fino al 17 Gennaio con la slitta, in questa data iniziò il nostro calvario. Quanta fame hai dovuto patire mangiano solo un po' di paglia e con quanta neve hai dovuto dissetarti, ma nonostante tutto sei sempre andata avanti con la slitta carica, a volte di congelati, a volte di feriti. Avevi addirittura imparato a smuovere la slitta quando i pattini gelati rimanevano incastrati nella neve. Chissà quanti si ricorderanno e ancora oggi possono dire grazie di essere tornati grazie a te.
Dopo tanti disagi tu sei ancora tornata in Italia, il tuo compagno no, "Bimbo" è morto sfinito durante la marcia compiendo al massimo il suo dovere proprio quando si cominciava a sentire il profumo dell'Italia.
Forse qualcuno potrà ridere, ma la verità è che prima di lasciarla, l'ho salutata abbracciandola e baciandola con le lacrime.
Grazie cari Muli.
Qui la vedete ritratta in una foto gentilmente concessa da Luciano Amaranto.
1° Rgt Alpini, Btg Mondovì, 9° Compagnia, Plotone Conducenti con la Mula Urbisaglia Uscita dalla Ritirata di Russia trainando una slitta di Feriti e Congelati (nel caos della Ritirata, aggregata al Btg. Tirano)
Cassa in dotazione agli ufficiali veterinari per la cura dei muli
Divise d'epoca
Alcune dotazioni personali
La radio in dotazione ai nostri reparti
Fucile mitragliatore Breda mod. 30
Fucile mitragliatore Breda mod. 37
Una bottiglia messa in cantina alla partenza per la Russia dello zio e purtroppo mai più riaperta.
Un cappello alpino con la classica medaglia con le spade incrociate data a tutti i partecipanti alla campagna di Russia e la relativa Croce di ghiaccio.
E veniamo finalmente al punto dolente, gli scarponcini. Come potete vedere i Tedeschi erano i più avanti tecnicamente parlando, gli scarponi italiani non erano male per i nostri climi, ma i chiodi facevano da ponte termico e col freddo dell'inverno russo bastava poco tempo per avere i piedi congelati. I russi invece indossavano dei semplici calzati in feltro, infatti a quelle temperature la neve non bagna e si cammina su un soffice strato.
Tedeschi
Russi
Italiani
E per finire un cartello molto eloquente che forse aspetta ancora la risposta.
Today, January 20, marks the seventieth anniversary of the Battle of Nowo-Postojalowka Nikolajewka, the last battle fought by our military dell'ARMIR during the retreat from Russia. It lasted seven days, during which our Alpine cercarno out of the bag created by the Russians who had broken through the lines on Don North and South do not want to dwell on this because there are hundreds of books available on these facts, what can be definitely say is that the comparison was certainly learn, and means for number of men. Nevertheless the Alpine succeeded with incredible losses, to move towards the way home. Unfortunately for them, this march created, perhaps, more victims of the battle itself because of the shortage of supplies and equipment that are not suitable for climates so rigid.
In addition mockery of life, many arrived near the Italian border were captured by the Germans, who meanwhile had become enemies, and interned in some prison camp.
A Mondovì these days, despite the snow, we commemorate the anniversary with a gathering of Alpini from all over Italy and an interesting exhibition in the chapel of St. Stephen.
Today I've toured armed with my beloved Canon 40D and Tamron 17-50 f 2.8.
About mules will transcribe these lines that might make it more like the idea of the situations where our grandparents lived.
Letter to my dear Urbisaglia of the Alpine driver Peter Bongiovanni from "In Russia with Urbi" - From Peveragno to Don and back "
Dear mule,
if today I write these few lines I owe it to you because with your help are one of the few who have returned from the Russian front.
Urbisaglia was your name, but I had abbreviated "Urbi" were always ready to my call, I said "anduma urbi" and you were leaving, I will not say you've never done. You have always done more than your duty, to the impossible. First with the cart during marches closer, then in service until January 17 with the slide, on this date began our ordeal. How hungry you eat only to suffer a bit 'of straw and with how much snow you have to quench your thirst, but in spite of everything you've always gone ahead with the slide loads, sometimes frozen, sometimes injured. Had even learned to move the slide when the pads ice remained stuck in the snow. Who knows how many will remember and still can say thank you to be back with you.
After many hardships you're still back in Italy, your partner no, "Bimbo" died exhausted while driving making the most of his duty just when he was beginning to feel the scent of Italy.
Maybe someone will laugh, but the truth is that before leaving, I said hello embraced and kissed her with tears.
Thanks dear Muli.
And finally we come to the sore spot, boots. As you can see, the Germans were the most forward technically speaking, Italian boots were not bad for our climate, but the nails were as a thermal bridge and the cold of the Russian winter did not take much time to get your feet frozen. The Russians instead wore simple shod in felt, in fact, at those temperatures the snow does not get wet and you are walking on a soft layer.
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domenica 6 gennaio 2013
Tramonto infuocato all'Epifania
Oggi a Mondovì c'era il 25° raduno aerostatico dell'Epifania, ci sono andato ma non ho nemmeno tirato fuori la macchina fotografica, sempre le stesse cose e non avevo nessuna idea per la testa. Scattare senza idee precise di quello che si vuol fare è inutile.
Poi tornando a casa, sulla collina di San Lorenzo, poco sopra Monastero Vasco davanti agli occhi mi trovo questo spettacolo, che dire? Di fronte a tanta bellezza si può solo stare zitti e ringraziare madre natura per tutto ciò.
Giusto il tempo di fare qualche scatto col Samsung Wonder e dopo una breve unione in photoshop questo è il risultato.
Today in Mondovi was the 25th meeting of the Epiphany hot air balloon, I went there but I have not even pulled out my camera, always the same thing and I had no idea my head. Shoot without clear ideas of what you want to do is useless.
Then on the way home on the hill of San Lorenzo, just above the eyes Monastery Vasco I am this show, what to say? In the face of so much beauty you can just shut up and thank Mother Nature for that.
Just enough time to do some shooting with the Samsung Wonder and after a brief merge in photoshop this is the result.
Poi tornando a casa, sulla collina di San Lorenzo, poco sopra Monastero Vasco davanti agli occhi mi trovo questo spettacolo, che dire? Di fronte a tanta bellezza si può solo stare zitti e ringraziare madre natura per tutto ciò.
Giusto il tempo di fare qualche scatto col Samsung Wonder e dopo una breve unione in photoshop questo è il risultato.
Today in Mondovi was the 25th meeting of the Epiphany hot air balloon, I went there but I have not even pulled out my camera, always the same thing and I had no idea my head. Shoot without clear ideas of what you want to do is useless.
Then on the way home on the hill of San Lorenzo, just above the eyes Monastery Vasco I am this show, what to say? In the face of so much beauty you can just shut up and thank Mother Nature for that.
Just enough time to do some shooting with the Samsung Wonder and after a brief merge in photoshop this is the result.
mercoledì 2 gennaio 2013
Buon anno dalla Madonna di Ronvello
Ed eccoci arrivati nel 2013, lo saluto con questo panorama, scattato da Madonna di Ronvello, una piccola chiesetta sopra Demonte in Valle Stura.
Si narra addirittura che a dare il nome a questo bricco fu un'esclamazione dell'imperatore Costantino che nel 1305, arrampicatosi fin qui per riuscire a vedere tutto il suo esercito accampato nella pianura sottostante esclamò "Se Roman Velle" da cui Ronvello. Poco dopo il sole tramontò e gli sarebbe apparso il trofeo premonitore della Croce, formato da raggi luminosi e dalla scritta "Con questo segno vinci". Per questo motivo gli abitanti costruirono la cappella.
Io non ho avuto nessuna visione, ma il sole tramontando dietro le vette di fronte è comunque un bello spettacolo.
Interessante la visione dei due bricchetti in mezzo alla pianura di fronte a Demonte, proprio sopra sorgeva l'antico forte della Consolata.
Venne eretto nel 1590 da Carlo Emanuele per difendere la valle dagli attacchi ugonotti, arrivò fino al 1744 praticamente intoccato, in quell'anno i Franco-Spagnoli lo assediarono durante la loro avanzata verso la pianura e ci fu un nutrito scambio di artiglierie. Nonostante le mura fossero a prova di bomba i Piemontesi lo abbandonarono colti dal panico dovuto all'incendio sviluppatosi e si ritirarono verso Cuneo. Venne restaurato negli anni seguenti e definitivamente distrutto per ordine di Napoleone, dopo l'armistizio di Cherasco, nel 1796. Non venne ricostruito perchè nel frattempo Carlo Alberto aveva fatto costruire il maestoso forte di Vinadio.
Negli anni '30 venne inglobato nel Vallo Alpino, sul podio vennero piazzate alcune artiglierie antiaeree e di lunga gittata per difendere la valle da un'eventuale invasione Francese.
La foto è un'unione di 6 scatti realizzati col mio fidato samsung galaxy wonder. Nulla di che confrontato ad una reflex, ma volete mettere la comodità di averlo sempre dietro.
I have not had any appearance, but the sun setting behind the mountains in front of it is still a good show.
Interesting is the vision of two small hills in the middle of the plain in front of Demonte, just above the site of the old fort of the Consolata.
It was built in 1590 by Charles Emmanuel to defend the valley against attacks Huguenots arrived by 1744 virtually untouched, in that year the Franco-Spanish besieged him during their advance towards the plain, and there was a large exchange of artillery.
Although the walls were bombproof the Piedmontese left him panic due to the fire developed and retreated to Cuneo. Was restored in the following years and finally destroyed by order of Napoleon, after the armistice of Cherasco, in 1796. Was not rebuilt because in the meantime Carlo Alberto of Savoy had built this majestic fort of Vinadio.
In the 30s it was added in the Vallo Alpino, on the podium were placed some artillery guns and long range to defend the valley from a possible French invasion.
The photo is a union of six shots taken with my trusty samsung galaxy wonder. None of that compared to a DSLR, but want to put the convenience of having always behind.
Si narra addirittura che a dare il nome a questo bricco fu un'esclamazione dell'imperatore Costantino che nel 1305, arrampicatosi fin qui per riuscire a vedere tutto il suo esercito accampato nella pianura sottostante esclamò "Se Roman Velle" da cui Ronvello. Poco dopo il sole tramontò e gli sarebbe apparso il trofeo premonitore della Croce, formato da raggi luminosi e dalla scritta "Con questo segno vinci". Per questo motivo gli abitanti costruirono la cappella.
Io non ho avuto nessuna visione, ma il sole tramontando dietro le vette di fronte è comunque un bello spettacolo.
Interessante la visione dei due bricchetti in mezzo alla pianura di fronte a Demonte, proprio sopra sorgeva l'antico forte della Consolata.
Venne eretto nel 1590 da Carlo Emanuele per difendere la valle dagli attacchi ugonotti, arrivò fino al 1744 praticamente intoccato, in quell'anno i Franco-Spagnoli lo assediarono durante la loro avanzata verso la pianura e ci fu un nutrito scambio di artiglierie. Nonostante le mura fossero a prova di bomba i Piemontesi lo abbandonarono colti dal panico dovuto all'incendio sviluppatosi e si ritirarono verso Cuneo. Venne restaurato negli anni seguenti e definitivamente distrutto per ordine di Napoleone, dopo l'armistizio di Cherasco, nel 1796. Non venne ricostruito perchè nel frattempo Carlo Alberto aveva fatto costruire il maestoso forte di Vinadio.
Negli anni '30 venne inglobato nel Vallo Alpino, sul podio vennero piazzate alcune artiglierie antiaeree e di lunga gittata per difendere la valle da un'eventuale invasione Francese.
La foto è un'unione di 6 scatti realizzati col mio fidato samsung galaxy wonder. Nulla di che confrontato ad una reflex, ma volete mettere la comodità di averlo sempre dietro.
And here we are in 2013, I greet him with this panorama, taken from Madonna di Ronvello, a small church on Demonte Stura Valley.
It is said that even to give his name to this jug was an exclamation of the Emperor Constantine in 1305, climbing up to date to be able to see all his army encamped in the plain below exclaimed "Se Roman Velle" which Ronvello. Shortly after the sun went down and the trophy would look prescient of the Cross, formed by light rays and the words "By this sign you win." For this reason, the inhabitants built the chapel.I have not had any appearance, but the sun setting behind the mountains in front of it is still a good show.
Interesting is the vision of two small hills in the middle of the plain in front of Demonte, just above the site of the old fort of the Consolata.
It was built in 1590 by Charles Emmanuel to defend the valley against attacks Huguenots arrived by 1744 virtually untouched, in that year the Franco-Spanish besieged him during their advance towards the plain, and there was a large exchange of artillery.
Although the walls were bombproof the Piedmontese left him panic due to the fire developed and retreated to Cuneo. Was restored in the following years and finally destroyed by order of Napoleon, after the armistice of Cherasco, in 1796. Was not rebuilt because in the meantime Carlo Alberto of Savoy had built this majestic fort of Vinadio.
In the 30s it was added in the Vallo Alpino, on the podium were placed some artillery guns and long range to defend the valley from a possible French invasion.
The photo is a union of six shots taken with my trusty samsung galaxy wonder. None of that compared to a DSLR, but want to put the convenience of having always behind.
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