sabato 21 gennaio 2017

Storie di valanghe, alberghi, capre, uomini, donne, asini e galline

In questi giorni la tv parla a tutto spiano della valanga sull'hotel di Rigopiano in Abruzzo avvenuta mercoledì 18 gennaio.
Causa mille coincidenze che, statisticamente parlando, non sarebbero mai dovute accadere un'enorme quantità di neve si è staccata da un vallone soprastante e ha letteralmente raso al suolo l'albergo.
L'albergo si trova, o meglio si trovava, all'imbocco di un vallone e già su questo ci sarebbe qualcosa da dire... 
In questi giorni un'incredibile nevicata ha depositato più di 2 metri di neve su gran parte del centro Italia. A rovinare il tutto si è aggiunta l'ennesima scossa di terremoto oltre il grado 5 della scala Richter che ha staccato in un colpo solo tutta questa massa nevosa.
Una nevicata così copiosa non si ricorda da metà del secolo scorso e secondo i sismolgi dopo tutte le scosse dell'estate appena trascorsa una come quella dei giorni scorsi era praticamente impossibile si ripresentasse. Praticamente è stato un 6 all'enalotto con la sfortuna.
Nel momento del distacco si crede ci fossero circa 35 persone nell'Hotel, per il momento il bilancio ufficiale è di 4 morti e 9 persone estratte vive dopo essere rimaste intrappolate sotto le macerie.
I soccorsi sono stati difficoltosi per mille fattori dovuti in parte alla negligenza di alcuni, ma per la maggior parte all'estremità dell'evento. Si dice che sopra l'albergo ci siano circa 8-9 metri di neve compattata mista a pietre e rami.

Alcune immagini dell'ansa di questi istanti.




Che posso fare io nel mio piccolo?
Poco, però posso raccontarvi una storia delle nostre vallate che potrà dare un po' di speranza a chi in queste ore attende con ansia notizie dei parenti.

Dobbiamo tornare indietro al 19 Marzo 1755 e spostarci in valle Stura di Demonte in provincia di Cuneo. 
In quegli anni accadde un evento molto simile a quello di questi giorni, un'enorme quantità di neve si staccò da un vallone e sommerse il paese di Bergemoletto (frazioen di Demonte) che si trovava più o meno nella stessa posizione dell'albergo di Rigopiano.
Creò 22 morti di cui si hanno poche notizie ma si sa perfettamente cosa accadde ad una mamma, le sue due figlie e la cognata che rimasero intrappolate nella loro casa assieme a due caprette, un'asina e una dozzina di galline.
Le notizie sono arrivate fino a noi perchè era presente in zona il prof. Somis medico reale che fece un ricercato rapporto sugli eventi.


Come si può leggere a questi link

http://www.mepiemont.net/blog/blog_commento.asp?blog_id=187&archivio=OK

http://www.alpidicuneo.it/2017/alpi-marittime/storie-alpi-marittime/la-tragica-valanga-bergemoletto

http://www.lafiocavenmola.it/modules/news/article.php?storyid=7198

e sul libro

"La grande valanga di Bergemoletto" di Spirito P. Ed Vivalda.


"Anna Maria Rocchia, 45 anni, la figlia Margherita 13, il figlio Antonio 6, la cognata Anna 24, fanno appena in tempo a sprangare la porta della stalla che la neve ricopre tutto. Il marito Giuseppe con il primogenito 15enne Giacomo assiste impotente alla scena e sviene. 



Per i sopravvissuti l’affannoso spalare e scavare in una massa così compatta alla ricerca di superstiti, è illusorio quanto inutile. Stremati desistono ,aspettando il disgelo nella triste convinzione che siano tutti morti. 

Della stalla invece crolla solo una parte del tetto, si salva il colmo e la parete con la mangiatoia dove le donne adagiano i bambini. Lo spazio rimasto a loro disposizione era lungo circa 3,5mt e alto 1,5mt.

Del bestiame si salvarono solo due caprette di cui una doveva partorire a metà aprile. Le donne non si persero d’animo e tra preghiere e speranza nutrirono le caprette con la paglia della mangiatoia e, finita quella, con altra che riuscivano ad estrarre a fatica in piccole manciate da una provvidenziale intercapedine del muro adiacente al fienile.

Si salvò qualche gallina ed una gallo che si rivelarono inutili, tranne forse il povero gallo che finchè potè cantò all’alba, dando ai sepolti vivi il senso del tempo, dopo, l’unico riferimento fu la capra che partorì come previsto. 

Non c’era cibo nella stalla e Anna aveva in saccoccia 15 castagne che furono divise e mangiate “religiosamente”, quindi, rimaneva solo il litro di latte al giorno, delle caprette, da dividere tra tutti. 

Purtroppo il piccolo se ne andò dopo circa 10-12 giorni e gli altri raccontarono come pian piano il morso della fame scemasse, anche se, nato il caprettino lo uccisero per avere più latte e un pò di carne anche se cruda. 

Riferirono che il peggior fastidio era il fetore, unito ai vestiti bagnati che si sbrindellavano addosso e al costante ossessivo rumore dello stillicidio della neve che si scioglieva in acqua. 

Fortunosamente non rimasero a contatto diretto con la neve, il che avrebbe provocato una tragedia istantanea, ebbero modo di respirare, anche se malamente, e soprattutto la possibilità di bere. 

La ricerca ricomincia il 25 aprile, quando un cognato, che abitava a Demonte, nella notte, sognò la sorella Anna Maria che gli diceva di andarla a prendere. Si riaccendono fioche speranze e individuata la stalla con una lunga pertica, tutti, e in specie il marito, rimasero sbaccaliti nel trovare ancora vive le due donne e la bambina. 

La terribile prigionia, era durata 37 giorni ed appena estratte nessuna delle tre era più in grado di camminare.

Accorse l’abile medico di Demonte che le isolò in un locale semibuio non riscaldato, riiniziando l’alimentazione con un po’ di minestra e latte di capra. La piccola Margherita recuperò in fretta e dopo 8 giorni era già in grado di muoversi, Anna guarì in 20 giorni mentre, Anna Maria stenterà ancora ad alzarsi due mesi dopo il ritrovamento. Era diventata calva, non riusciva a dormire, vedeva doppio e per tutta la vita soffrirà di gonfiore agli arti inferiori, inappetenza, capogiri e altre patologie, psicosomatiche, si direbbe oggi, di natura claustrofobica. 

Dopo oltre 250 anni resta un muro di sassi ad indicare, forse, il luogo esatto della stalla, ma la storia racconta che tre mesi dopo la salvezza, il 24 luglio Giuseppe Rocchia partì a piedi con le tre donne e il resto della famiglia. Marciando due giorni, con soste la notte in baite, giunse ai bagni di Valdieri in valle Gesso, oggi le Terme, ove il Re offrì loro “abbondevol soccorso”. Qui il prof. Somis le visitò, constatò che le pupille di Anna Maria tremavano, e svolte le indagine mediche, raccolse con minuzia di particolari lo svolgimento dei fatti riuscendo a redigere l’interessante rapporto scritto. Con il denaro avuto dal Re, Giuseppe costruì una casa poco lontano da quella distrutta, tornando alla routine quotidiana. Passò un altro inverno, d’estate si lavorò ma in autunno ci si rese conto che non c’erano più risparmi per l’inverno imminente Fu Anna Maria, la invalida delle tre, ad avere la geniale idea, di mettersi in cammino, con la famiglia, di paese in paese a raccontare la straordinaria avventura vissuta che già tanta risonanza aveva avuto in Piemonte. Si spostarono instancabili da dicembre a marzo. A Gennaio si fermarono a Torino e il prof. Somis le riesaminò. Ovunque erano accolte con l’eccitazione di chi vuol sentire narrare dal vivo una storia quasi “miracolosa”, e tale fu l’emozione che suscitavano che tutti fecero a gara per trattenerli a dormire e sfamarli."

Ancora oggi questo straordinario episodio rappresenta il record assoluto di sopravvivenza sotto una valanga, seppur con le vittime non a diretto contatto della neve.

Se più di due secoli fa senza squadre di soccorso e in completo abbandono alcune donne riuscirono a sopravvivere per tutto questo tempo io credo che ci sia speranza per i dispersi anche oggi.

Io sono stato a Bergemoletto qualche tempo fa, purtroppo non ho fatto foto alla zona perchè non conoscevo ancora la storia e mi son promesso di ritornarci.



Panorama da Bergemoletto sulla Valle Stura





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